Il commento di David La Mantia alla poesia "Il racconto della Terra" di Maria Pia Latorre in "È stato per caos"

Lo sguardo dal finestrino di un treno, l'immagine di un viaggio apre la poesia di Maria Pia Latorre. È già una dichiarazione d'intenti. È la storia di un amore, una vera e propria dichiarazione verso la natura e verso l'umanità tutta. È la ricerca di una ecologia di pensiero. Che si fa acqua e benedizione, frutto dell'amore (Ogni fiume e rigagnolo e linea d'acqua /che ha fecondato la terra/ come ha voluto eros). 

David La Mantia

Ed ecco, di seguito, le immagini di questa campagna ancora incontaminata dal male nel suo cuore, illuminata dell'umanità dei contadini (E la terra che ha generato il cielo e ha dato volto all'amore/si è fatta umano,/uomodonna figlio della terra/ e dei frutti/ uomodonna che accarezza con gli occhi le zolle/contadini con erbe e foschie nelle narici). 
Questa età dell'oro, non nostalgica, ma visionaria ed insieme terrena, elimina le differenze di genere. Uomodonna è la parola insistita, l'ossimoro che si fa fusione, che si fa creazione. Eppure l'umanità è fragile, piena di timore ed il cielo (forse la divinità) minaccia sassi, rovina. C'è una dicotomia alto basso, dove la verità sta nel fondo, tra di noi, nella semplicità dei gesti. Perché «è la terra che ha generato il cielo». 
Formalmente, predominano le figure della ripetizione, le epanadiplosi e le anafore, con la splendida anadiplosi di "cielo" quasi in chiusura, che assicurano al testo un tono litanico, quasi di preghiera.

David La Mantia


IL RACCONTO DELLA TERRA

Dal finestrino di un treno
 ti può scorrere davanti
 la geografia del mondo.
 Ogni fiume e rigagnolo e linea d’acqua
 che ha fecondato la terra
 come ha voluto eros
 dalla notte e dal caos
 E la terra che ha generato il cielo e ha dato volto
 all’amore
 si è fatta umano,
 uomodonna figlio della terra
 e dei frutti
 uomodonna che accarezza con gli occhi le zolle
 contadini con erbe e foschie nelle narici
 e spostamenti di zolle sotto i piedi
 umanità fragile
 col dominio della terra nei pugni
 e il timore rivolto al cielo
 Ma il cielo a volte è pioggia di sassi
 e il tempo è madre
 dell’inviolabile
 Così a oltrepassare la porta di fuoco
 tutto ha eterno ritorno
 l’atomo che è stato mio padre
 e che ora è gerbera al sole
 il sorriso nella piega dermica
 di mia madre
 che è pelle di terra viva
 Eterno ritorno ha la notte
 che chiede giustizia
 dalla notte dei tempi
 e non basta il respiro corto
 del mattino né la sua ampiezza
 a invertire il viaggio
 Un nuovo sguardo vorrei per il mondo
 un nuovo sguardo che mastichi
 l’infinito


M. P. LATORRE, È stato per caos, Tabula fati 2025

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