Se il disordine è l’ordine senza potere, come ha detto Léo Ferré, la poesia, forse, è la scrittura senza sintassi. Ne Il culto del disordine (Tabula Fati, 2025, nella collana diretta da Vito Davoli), antologia delle sue raccolte poetiche, Mauro Macario ci mette di fronte ad un tentativo esistenziale di poesia libertaria, cioè una poesia che usa la parole e il verso come viatico di liberazione umana. L’effetto è immediato e tangibile. Per esempio, spontaneamente sono stato indotto a leggere il libro dalla fine verso l’inizio. In effetti, Lucrezia Lombardo coglie questa circolarità. D’altra parte, l’anarchia non è caos, tant’è che un altro motto è vietato vietare ma doveroso vietarsi . La poesia di Macario, infatti, è tutt’altro che spontanea e caotica. In un frangente d’epoca in cui tutti sembrano esordienti, Macario ha una storica (e che storia!). La sua poesia ha la leggerezza dei suoni, l’oralità di un’evocazione, nel suo svolgimento copre tutto il Novecento e ciò che resta è u...
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