Sandro Marano su È STATO PER CAOS di Maria Pia Latorre
Di Maria Pia Latorre, poetessa e insegnante di scuola primaria, nonché coordinatrice di un nutrito gruppo di poeti, che sotto il nome “L’isola di Gary” s’interessano delle sorti del nostro pianeta (per i quali ha curato ben quattro antologie uscite a cadenza annuale tra il 2021 e il 2024), ci siamo già occupati in occasione delle sue ultime pubblicazioni poetiche: Flamenco e cioccolato (2021) ed Esemplare l’umano (2023).
È ora uscita una nuova e compatta silloge È stato per caos. Si tratta di cinquanta composizioni poetiche suddivise in due sezioni: Viaggio clandestino ed È stato per caos, che dà il titolo alla raccolta. E sono introdotte da una sentita prefazione di Paolo Polvani che osserva: «cosa rappresenti il caos nell’economia della terra è facile da intuire… la nostra terra è sull’orlo del baratro e ogni giorno sprecato ci avvicina a un punto di non ritorno».
Sandro Marano
Maria Pia Latorre è come una viaggiatrice che, senza perdere la speranza, si misura col mondo in cui viviamo, con le circostanze per l’appunto caotiche, poco favorevoli ad una crescita interiore, dove sembra venir meno il senso d’umanità e per conseguenza il sentimento della natura. È questa una visione ecologista, dell’uomo come custode e non come padrone del creato, dell’uomo come responsabile dei suoi gesti nel confronto del creato, che si rifà al magistero di papa Francesco, alla sua ecologia integrale egregiamente espressa nell’enciclica Laudato si’ (2015).
Non a caso nella prima poesia, Viaggio clandestino, con cui si apre la raccolta, ci sono il treno e il mondo esterno guardato con gli occhi di una piccola profuga che vede «al finestrino / un mare d’eterne nubi / imbrigliate di sole / a parlare con Dio». E nell’ultima poesia della raccolta, Il racconto della terra, è la stessa poetessa ad osservare che «dal finestrino di un treno / ti può scorrere davanti / la geografia del mondo». Il treno, dunque, come allegoria di quel viaggio che è la vita. E nel viaggio la poetessa incontra i luoghi che le hanno rapito il cuore: Ravenna, Viterbo, la nostra Murgia, la Daunia (descritta con tre soli bellissimi versi: «Qui s’impara il silenzio / nei fiumi di grano / che inerpica luce»), Torino di cui sa cogliere l’essenza esoterica nei tre versi finali: «dall’abbaino una luce / sorride sorniona / al profumo di note».
Caos, è stato notato, è l’anagramma di caso. Il poeta cerca di viverlo piuttosto che di interpretarlo: «Non tocca ai poeti dire che / le scogliere cosmiche vengono erose / né che le stelle sono il risultato / di un equilibrio / Così sciamano i poeti con le stelle» (È stato per caos).
È dal caos che nascono i versi. È dal caos che può nascere una stella danzante, come vuole il filosofo Nietzsche, la cui famosa citazione è riportata in esergo insieme ad un passo della Teogonia di Esiodo. Il poeta si schiera dalla parte della vita: di notte fa «a pezzi le parole del giorno» e di giorno raccoglie «le parole della notte», «perché sia con noi sempre natura / in ogni anfratto di cemento / perché sia con noi sempre natura / lo spettacolo dell’ape che ci scioglie in commozione» (Il perimetro del caos).
Anche in questa raccolta i versi di Maria Pia Latorre si muovono su un duplice binario, tra neo-ermetismo e comunicatività lirica. E quest’opera segna senz’altro un’acquisita maturità stilistica e poetica.
Sandro Marano
edito in Interzona News del 13 giugno 2025
M. P. LATORRE, È stato per caos, Tabula fati, Chieti 2025
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